Procedendo ad una sistematica di­samina di quegli aspetti della nostra città che sono particolarmente signifi­cativi sotto il profilo artistico e storico, dedichiamo questa nota al Museo Civi­co. Ne risulterà, ci sembra di poter dire, l'estrema interdipendenza che corre fra il Museo cittadino e i suoi problemi e la vita culturale della città e dei citta­dini tutti; ne risulterà pure, di riflesso, quello che dovrebbe e dovrà essere il compito e la responsabilità, in un cam­po così prezioso come quello della cul­tura, degli amministratori della città stessa.

Ma qui dobbiamo aprire come una parentesi, perché se dobbiamo trattare del nostro Museo Civico in tutto il suo aspetto, bisogna dire prima del Diret­tore che lo dirige, del responsabile maggiore e soprattutto il più diretto di questa istituzione e della sua vita.

Vogliamo dire del Dottor Prosdoci­mi, il giovane direttore di nomina piut­tosto recente.

Chiusa la lunga parentesi della guerra, col Museo quasi abbandonato, il suo responsabile diretto si ritrovò in situazione quasi disperata: tutto il ma­teriale da riordinare, secondo criteri fi­nalmente razionali, e si trattava veramente di un complesso ragguardevole di opere di pittura, stampe, scultura e ceramiche, pressoché senza un soldo a disposizione, giusta la regola che per la cultura non si devono tirar fuori soldi. Ma un bel giorno il nostro Museo che sembrava diventato un angolo staccato del Cimitero, riaprì al pubblico le sue porte. Merito notevole, bisogna dire, del giovane direttore Prosdocimi, che con scarsissimi mezzi finanziari ha già fatto sì che la parte più importante del Museo  la vasta e preziosissima sezio­ne della pittura  sia aperta al pubblico. (Peccato che in un'opera così egregiamente condotta nel riordinamento delle sale e delle opere, qualche lato delle nuove pareti presenti nella soluzione dell'angolo d'illuminazione naturale certe manchevolezze piuttosto serie, anche se, come crediamo, di possibile e più razionale soluzione).

Ma ancora due aspetti, e di non po­ca importanza, dobbiamo qui mettere in evidenza sul problema generale del nostro Museo. Il primo, che é di diret­ta competenza e responsabilità del Co­mune: e diciamo della parsimonia di mezzi finanziari messi a disposizione della direzione del museo per i lavori di restauro e ordinamento delle nuove sale, (comprese quelle che dovranno contenere le sezioni della ceramica e delle stampe). Sarebbe tempo, pensiamo, che a quasi sette anni dalla fine della guerra il Comune avvertisse questa sua responsabilità, avvertisse lo scandalo del Museo ancora semichiuso alle esi­genze più varie della cultura, e comin­ciasse a pensare, il Comune, a farlo di­ventare un organismo veramente vivo anche di vita contemporanea, cioè de­gno di una città di cultura come é la nostra Padova. Dovrebbero cominciare a pensare, le nostre autorità del Co­mune, ad aiutare più concretamente la Direzione nella sua opera e fatica lode­volissima. Mentre é di ben altra natura il secondo aspetto che minaccia di fare diventare cronica una autentica stortu­ra del nostro Museo. La Direzione del Museo per una clausola testamentaria stesa in tempi tanto differenti dal no­stro, a circa un secolo di distanza, non può disporre liberamente, in senso sto­rico e critico, della collezione lasciata in dono al Museo cittadino dall'allora conte Capodilista, collezione che conta opere pregevolissime delle varie scuole, soprattutto venete, francesi e fiammin­ghe.

Queste opere devono, secondo il testatore, restare sempre unite, e gli eredi dell'antico e nobile mecenate cittadino sono sempre col fucile al piede, sempre pronti a sfruttare a loro favore l'even­tuale inosservanza di quella clausola.

Ne viene per il nostro Museo e a scorno del suo direttore (che in fatto di storia dell'arte ha invece le idee estremamen­te chiare) che le opere di pittura sono trattate e ordinate come si trattasse di due musei distinti; mentre invece do­vrebbero essere ordinate, non secondo la loro provenienza (che é un criterio troppo estrinseco) ma secondo un cri­terio storico-critico. Nessuno meglio del Dottor Prosdocimi, del resto, sa che alle opere del lascito Capodilista spetta il tabellino col nome del munifi­co donatore.

E ritorniamo alla ragione particolare di questa nostra nota. Quale dovreb­be e deve essere il compito e la respon­sabilità culturale di una istituzione fin d'ora tanto rettoricamente decantata, di un istituzione così importante come é quella del Museo?

Ovviamente, nel vasto problema della cultura il museo comprende in giusta misura l'attività e funzione della scuola, dai suoi gradi minimi o elemen­tari fino all'Università, che via via pre­para e laurea le nuove generazioni. E non esitiamo ad affermare che il Mu­seo, e la cultura artistica per eccellenza che ne é la diretta filiazione, é come il compendio e il termometro del grado culturale raggiunto, attraverso i vari gradi di scuole, da tutto un popolo. Non serve davvero cianciare dei valori più preziosi della cultura e della storia dell'uomo se la vita, come sta avvenen­do nell'allegro nostro tempo e paese, se la vita deve ridursi ad un fatto nega­tivo, pel quale il Museo é sinonimo di cimitero.

Vero é che nei paesi capitalisti la cultura, quella vera, come non ha prez­zo, così non ha valore. E la goffa pre­tesa di organizzare in questi paesi, po­derosi e importanti musei, rivela, in luogo di un interesse culturale veramente universale, un lustro di rifiuti.

Anche per la nostra città il Museo non solo deve cessare di essere un'isti­tuzione quasi funeraria, che vivacchia alla giornata in offesa del povero e ra­ro visitatore (una specie di pazzo, co­me é ancora considerato dal bel mondo latino il visitatore dei musei), ma deve finalmente aprirsi alle esigenze ed ai fatti vivi della cultura, della vita cioè, di tutti i cittadini, a dimostrare che una bella pittura o una statua, non solo non sono una cosa bella ma morta, da adattarsi a una parete, che é il destino di tutte le cose vecchie, ma valori estre­mamente vivi, non solo, ma motivo e mezzo di ricchezza, e non soltanto spi­rituale e culturale. Quale grado di decadenza abbia raggiunto la nostra clas­se dirigente, lo dice il fatto stesso della grama vita a cui é ridotto il nostro Mu­seo Civico: che merita, ed avrà, un ben diverso destino.