PancinoNato a Santo Stino di Livenza (VE) nel 1931, la sua carriera di autodidatta inizia con la frequentazione di pittori regionali veneti. Nel 1948 emigra, prima a Zurigo, poi a Parigi, dove dal 1952 si stabilisce definitivamente. Tiene contatti con l’ambiente spazialista veneziano, grazie all’amico Joppolo che ha incontrato con Tancredi a Parigi, dove lo stesso Beniamino Joppolo si è stabilito dal 1954. Pancino dopo un inizio pittorico alla luce di un realismo sociale si avventura in pittura cubo/futurista derivatagli dalla frequentazione degli studi di Severini e di Leger. Questa pittura viene presto superata dall’informale degli anni Cinquanta che vigeva allora in Parigi mescolato a quello spazialista delle rimpatriate veneziane. Dal ’68 al 1975 espone le sue ricerche sul colore e sul vuoto accanto ad artisti come Daniel Buren e Niele Toroni per avviare subito dopo il ’75 una sua personale riflessione sull’Effimero e la caducità che pervadono la vita e l’arte contemporanea. Ciò lo conduce all’inserimento di materiali organici, e quindi deperibili, nel quadro a dimostrazione dell’ineluttabilità di un destino di consunzione che investe l’opera la quale si salva solo attraverso la pellicola colorata che egli dà a questi elementi organici (Carciofi, e soprattutto Patate) definendo il tutto come Universalis Polychromia. Negli anni Ottanta tiene alcune conferenze/performance al Beaubourg e nel 1985 viene chiamato da Renato Barilli alla mostra Anni Ottanta di Rimini dove è posto fra i Protagonisti Italiani. Giorgio Celli, Roberto Daolio, s’interesseranno a questa sua fase sull’Effimero che viene storicizzata nel 1981 con un libretto a loro firma in una mostra a Palermo dentro la Vuccirìa. Biagio Pancino, da quel momento in poi firmatosi come BP. vive e lavora nei dintorni di Sens, nella splendida campagna parigina, che lo ha onorato con mostre personali e una grande recente antologica.