gp bertoGianpaolo Berto è nato a Adria (RO) il 26 Novembre 1940, inzia ad interessaarsi di pittura intorno al 1953 dopo la visita ad una mostra d’arte e dopo aver ricevuto in regalo da una zia dei colori ad olio con cui realizza il suo primo quadro.
Inizia a dipingere su tutte le superfici che trova, dal compensato ad altri materiali, e stringe amicizia con alcuni “anziani” come il pittore paesaggista Foster, il poeta dialettale Livio Rizzi o il critico drammatico Eugenio Ferdinando Palmieri, che individuano in lui i caratteri di una forte personalità artistica. Partecipa a estemporanee organizzate all’interno del piccolo mondo culturale adriese.
Un ‘insegnante di disegno e pittura, Gisella Breseghello, vede per prima i suoi lavori e lo incoraggia a dipingere. Lavora con Franco Previatello. Si lega di amicizia fraterna col pittore rodigino Gabbris Ferrari.
Nel 1956 gli organizzano la sua prima personale a Rovigo, nella “Piccola Galleria del Polesine” di Livio Rizzi. Vi espone fra l’altro un grande quadro ispirato ai contadini polesani che si intitola I consunti.
È un tema drammatico, le facce sono malinconiche. Qualcuno ne critica la scarsa piacevolezza. Carlo Levi, che visita la mostra, vuol conoscere subito il ragazzo. Su un libro delle firme lascerà un messaggio: “I brutti musi sono molto belli. L’arte è fatta di coraggio. Buon lavoro, Carlo Levi”.
Segue un periodo di grande lavoro, di dolore e di malattia. Cento giorni di ospedale durante i quali riceve ogni giorno, senza defezioni, la visita di Tono Zancanaro che lo apre al mondo dell’arte incisa.
Quando Gian Paolo ha vent’anni la sua famiglia si trasferisce a Roma. Alla ricerca inquieta di grandi spinte medita di chiedere a Giorgio de Chirico, che ha incontrato alla Galleria Russo in piazza di Spagna, di prenderlo a lavorare come ragazzo di studio. Non lo farà. Molti anni più tardi sarà de Chirico (che intuisce il suo appassionato amore per la pittura e apprezza i suoi giudizi positivi sui nudi del suo periodo classico, malvisti dalla critica) a offrirgli di andare nel suo studio quando dipinge.
Va a Villa Strhol Fern a trovare Carlo Levi che si interessa ancora della sua pittura, invitandolo a frequentare liberamente il suo studio e lo manda a conoscere Renato Guttuso, che nello studio al 222 di via Cavour lo accoglie con gentilezza. Scriverà fra l’altro di lui: “Mai ho visto in un giovane un più furibondo e ostinato amore per la pittura, un più appassionato desiderio di definire figurativamente i sentimenti”.
Visitando la mostra di Ugo Attardi alla “Nuova Pesa” di via Sistina conosce l’artista, al quale si lega subito di fraterna amicizia. I pittori coi quali sodalizza in quegli anni sono Pino Reggiani e Anna Salvatore. Poi conosce Enotrio, che gli fa conoscere il mondo drammatico e mitico del Sud. Ma resta forte e si accresce anche il suo legame con Tono con frequenti ritorni nel Veneto. Conosce Osvaldo Forno. Conosce Marino Mazzacurati, che lo invita a fare scultura con lui nel suo studio agli orti della Farnesina.
Realizza collages, assemblages (alcuni verranno esposti, in una mostra a due con Aldo Braibanti, nel Circolo Culturale di viale Giotto. La mostra è visitata anche da Pasolini, che vi terrà una conferenza).
Nel 1963 la sua prima mostra significativa a Modena, al Palazzo dei Musei è presentata da Carlo Levi, che Berto frequenterà con assiduità quasi quotidiana fino alla morte, in un rapporto esemplare allievo-maestro destinato a dare un impronta e uno stile alla sua vita di pittore e di professore quando sarà chiamato (prima all’Accademia di Belle Arti di Macerata, poi a quella di Roma) a insegnare tecnica dell’incisione.
Nel 1979, la prima mostra antologica nella sua Rovigo, a Palazzo Roncali, presentato al catalogo questa volta da un sociologo, Marcello Lelli che pubblica contemporaneamente un volume dedicato all’artista: “Romaberto”, edito dal Pomo d’oro di Padova.
Espone in Grecia (a Atene alla galleria “Le Pleiades”, e a Creta, alla Biennale Internazionale di Grafica all’Istron Bay). Seguono alcune mostre a Roma.
Berto ha appena finito di illustrare per l’editore Lombardi di Roma, con una serie di 43 acqueforti, “L’isola del tesoro” di R. L. Stevenson.
Partecipa su invito alla Biennale Internazionale di grafica “Vico Arte”. Realizza l’Atrio di Theatri Ephistola di Aldo Braibanti.
Mostra antologica al Teatro Comunale “A. Rendano” di Cosenza (1991). Illustra “Psicanalisi contro” di luglio (1991) con lavori su Mozart.
Stampa per i tipi di Luigi Ferranti (cartella Amodeo) una raccolta di 12 acqueforti dal titolo “Il cavaliere occidentale” (1993).
Stampa per i tipi delle edizioni di Sergio Mazzocchi una cartella di 12 incisioni dal titolo “Faust” (1994).
Fra l’estate e l’autunno 1994, sempre a cura di Micieli, ha partecipato con dipinti, tecniche miste e incisioni alle mostre: “Natura attraversata” (Pisa) e “Occasioni Rovesciate” (Maggiano).
Escono due cataloghi monografici a cura di Nicola Micieli per la mostra antologica di Villa Pacchiani a Santa Croce sull’Arno, presso il cui Gabinetto dei Disegni e delle Stampe viene accolta una scelta di sue opere.
Nel 2000, con Paolo Pucinischi mostra a Carpineto Romano nella chiesa di San Nicola. L’anno dopo, a Chioggia, mostra di assemblaggi.
Nel 2002, mostra sul Tevere a Roma organizzata da Maragnani e Omaggio a Borges a Olevano Romano organizzata da Francesco Ruggiero.

Nel 2003 ad Adria, sua città natale, una grande mostra antologia con un importante catalogo.