Luca Dall’Olio è un pittore che ha saputo conservare intatto l’incantamento dell’infanzia. Ovviamente maturo, sia dal punto anagrafico che professionale, nella sua interiorità non ha mai respinto il piacere di viaggiare nel paese delle meraviglie. Questo artista costruisce narrazioni visive che si propongono alla complicità di chi fortunatamente non ha voglia di crescere, dipingendo ad olio, e utilizzando per il decoro pittorico foglie d’oro, d’argento e di piombo. Già i titoli che egli applica a queste pagine gioiose vengono incontro a chi guarda come sottolineature persino ironiche, e comunque come proposizioni ambigue rispetto alla domanda che ci si pone sull’effettiva rispondenza di queste immagini con il suo mondo onirico, che sospettiamo sia ben più profondo e oscuro di quanto l’apparenza non dica. L’iconografia di Dall’Olio sembra provenire da una cultura orientale, dove il segno connota fortemente e contiene i tasselli figurali, mentre il colore si distribuisce in toni e controtoni creando forme nette e antinaturalistiche, e componendo personaggi e paesaggi volutamente privi di profondità prospettiche, quasi a sottolineare la natura squisitamente letteraria. Questa immaginazione poetica molto curiosa crea centri focali dove solitamente campeggia, imprigionato in un costrutto architettonico, un volto maschile o femminile, con sembianze di maschera, e con uno sguardo azzurro attento e fisso che scruta l’osservatore. L’effetto che suscitano questi occhi è assai simile a quello che ritorna indietro quando ci si guarda allo specchio, che è un poco stuporoso per il fatto che in quegli occhi si ritrova solo la domanda inespressa che abbiamo loro rivolto, e che finisce per essere il segno di un non riconoscimento.
Pittore di sogni, Dall’Olio può dunque essere collocato nel territorio della tradizione surrealista, anche se la sua immaginazione tende più a chiudersi nel mistero del suo significato globale, piuttosto che espandersi in un’interpretazione analitica e psicologica.
Ognuna di queste raffigurazioni è soprattutto un insieme di momenti ben scritti e di immediata lettura, dove non è sempre possibile seguire il labirinto delle complessità narrative dell’invenzione portata sulla tela con grande virtuosismo, e dove forse l’unico mistero sta proprio nella quantità dei momenti inventivi che compongono l’intreccio. Ma se l’autore neanche con il titolo permette di decodificare questi avvenimenti, certamente egli punta al coinvolgimento emotivo dell’osservatore, a catturarne l’interesse con un’immaginazione fantasmatica dove, oltre alsenso arcano della fiaba, aleggia un ironia sottile. Quello che sorprende in questi lavori è la qualità del disegno, trattenuto dagli eccessi retorici grazie all’equilibrio fra le varie parti dell’insieme,che impone una lettura di sintesi fra gli elementi che costituiscono un coerente paesaggio mentale.
Quanto alle potenzialità coloristiche e inventive del decoro va detto in quale modo esse rendono accattivante la narrazione, la cui trama sembra appartenere a un maestro antico, come quelli che decoravano di forme luminose le vetrate delle chiese, o che intessevano grandi arazzi sulle pareti degli antichi castelli.
A questo tipo di elaborazione estetica appartiene l’aprospetticità delle opere di Dall’Olio, che sa disegnare la sua interiorità provocando effetti visivi di cieli stellati e di città immaginarie dove si svolgono incontri di figure cavalleresche e magiche, dove si aprono antichi portali istoriati su traversie avventurose ormai prossime al compimento e alla soluzione di tutti i misteri.