PadovaNell’età de “le donne, i cavalier, l’ armi, gli amori” cantata dall’Ariosto nell’”Orlando furioso” i cavalieri partivano in cerca di avventure, di imprese rischiose, di occasioni per mettere alla prova il loro valore e conquistare la pulzella del momento, senza particolari motivi, senza obiettivi prefissati da raggiungere. L’avventura aveva lo scopo di dare al cavaliere delle possibilità, di affermarsi come uomo. E magari se non si trovavano draghi si potevano inventare (per necessità).
Questo è quello che ha fatto anche Alexandr Daniloff quando dalla natia Donetsk (ex URSS) è partito per il suo peregrinare, che lo ha portato in quel di Rovigo all’inizio del terzo millennio portandosi dietro la formazione e la cultura russa, imprintig ricevuto alla Scuola Teatrale di  Niznij Novgorod che non può essere scordato, così come un cavaliere non può scordarsi della sua armatura.
Così Daniloff sfugge con la fantasia e la cultura alle imposizioni quotidiane per muoversi e farsi capire in lingue non sue utilizzando una terminologia emozionale che nasce e si sviluppa attraverso un viaggio nel figurativo fantastico, nel mondo della visione dove tutte è rappresentazione.
Ogni cosa, ogni gesto, ogni pennellata nel lavoro di Daniloff ha una implicazione psicologica, è una narrazione che avviene attraverso delle costruzioni magiche, delle rievocazioni che travalicano i limiti dello spazio-tempo per quotidianizzare nell’ogggi la storia, e non è importante se questa sia stata reale o solo immaginata, come nel ciclo di “Parceval” di Chretien de Troyes dove è nata la leggenda del “Santo Graal”, tanto radicata da essere considerata oggi una realtà.
Alexandr Daniloff racconta quindi delle storie attraverso delle visioni, dei sogni, che nascono dalla sua matrice russa, che vivono in una isbà dalla zampe di gallina come racconta una vecchia favola del suo paese. Storie che sono però quotidianizzate nel presente, nell’attualità. Anche se niente e mai ciò che appare nei suoi dipinti e nei suoi disegni, pur tuttavia le visoni che ci propone sono reali, e nel caso di questa rassegna su Padova e la sua storia, sulla “Patavinitas” come viene designata, le visioni delle statue del Pra’ con sullo sfondo le cupole del Santo sono veramente immagini da sogno, tanto più che sullo sfondo sono anche presenti le navi troiane che portarono in Italia Enea ed i suoi compagni fra cui Antenore che proseguì il suo viaggio fino a giungere nella terra veneta e fondare la città di Padova. Già dall’analisi di quest’opera si vede che il mondo di Daniloff è un mondo parallelo, una collaborazione fra sogno e storia/mitologia dove le immagini si sviluppano quasi per clonazione, narrando appunto un percorso come quello di Antenore da Ilio a Padova, Scene con simbologia fittizia ma non criptiche, che utilizzano il gioco per dare spessore alla realtà, usano la fantasia per ricordarci il quotidiano anche attraverso delle metafore.
Le strade percorse da Daniloff sono essenzialmente due: quella legata alla tradizione della favola, che risente fortemente delle sue origini come ricordato sopra; l’altra, più inquietante, che svela un mondo fantastico legato al passato, alla storia reale con tutti i suoi problemi ed i drammi, le rivalità, le sofferenze, le falsità che ha l’uomo ha inventato per sottomettere gli altri uomini.
Lungo la prima strada troviamo l’opera “Guardia notturna” le sentinelle poste a difesa della città si sono addormentate, su loro e la sicurezza di Padova veglia un angelo custode con lo stendardo della città. Ed un altro angelo, staccatosi dalla pietra come si vede dalla sua costruzione (e che ha anche perso l’ala destra in questo suo liberarsi evidentemente con notevole sforzo) vigila sul Prato pronto a dare un segnale con la tromba.
Nel secondo sentiero invece i richiami a Galileo ed all’Inquisizione, ed anche le opere che riportano frammenti del passato quali muti testimoni di ciò che hanno visto e vissuto. Ed in questo contesto anche il goliardico richiamo al neolaureato “dottore, dottore, ...” per ricordarli che cenere era e cenere ritornerà, di non montarsi la testa solo per aver ricevuto un titolo accademico che spesso potrà usare solo per detergersi.
Le ambientazioni di Daniloff tendono ad essere inquietanti per la loro costruzione fantastica e per il loro collegamento con la realtà, e forse per gli stessi motivi affascinano lo spettatore, lo incuriosiscono perchè l’autore ci propone la fusione di una cultura giovanile e contemporanea  con una cultura di tipo storico/mitologico, fatta di mostri, simboli magici, angeli e santi. Ogni centimetro di tela è una rivelazione: se a prima vista, infatti, il dipinto appare abitato da un unico personaggio, soffermandoci più attentamente si scorgono qua e là dei particolari, spesso confusi con quello che potrebbe apparire come la semplice decorazione pittorica, come nelle già ricordate opere dei quello che potrebbe essere il cIclo dei  “Misteri di Prato della Valle”, ma anche in “Giotto” o nei “Riverberi del passato”. Allo sguardo attento e curioso del visitatore la scoperta di questo dettagli, che rendono il lavoro di Daniloff sempre nuovo e diverso con il passare del tempo.
Ed al lettore lasciamo anche la scoperta del contenuto delle sei lettere che formano la parola PADOVA.
Il procedere artistico di Daniloff è stato abbastanza lineare. Se in un primo momento i suoi soggetti dominavano lo spazio della tela, successivamente questo è stato abitato sempre più da umanoidi ed elementi come in una sorta di nuovo “giardino delle meraviglie”. Attualmente la sua ricerca si è rivolta contemporaneamente all’indagine del tema trattato e della tecnica pittorica. Negli ultimi dipinti il colore, abilmente fuso con la cartapesta, non costituisce più la netta separazione degli elementi proposti, ma un punto di partenza dal quale prendono vita gli oggetti presenti sulla tela.
Non solo tele, anche acquerelli che, attraverso dimensioni più ridotte, ripropongono i medesimi motivi, ma più in generale una commistione di tecniche che non può essere ridotta alla banale definizione spesso usata di “tecnica mista” perché non da il dovuto risalto alle competenze tecniche dell’autore.
Per finire l’opera di Alexander Daniloff appare come una sorta di “non-finito”: i suoi mondi sono come attraversati da luoghi e personaggi che appaiono compiuti solo per brevi momenti; tutti sembrano assumersi la responsabilità di condottieri fra il nostro mondo ed un universo parallelo che ci è dato conoscere solo come apparizione fugace proprio grazie ai suoi lavori.