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Memento moriPer vanitas, nell’arte, si intende una natura morta con elementi simbolici allusivi al tema della caducità della vita. Il nome deriva dalla frase biblica vanitas vanitatum et omnia vanitas (“vanità delle vanità, tutto è vanità”) tratta dalla Bibbia ebraica e cristiana (Ecclesiaste 1, 2; 12, 8).

Analogamente al memento mori, usato già nell’antica Roma per ricordare ai generali vincitori, è un ammonimento sull’effimera condizione dell’esistenza; usato come motto dai frati Trappisti.

L’iconografia della Vanitas si afferma praticamente in contemporanea con la nascita della natura morta, tre XVI e XVIII secolo, prima nei Paesi Bassi e nelle Fiandre, quindi nel resto d’Europa, e sempre in questo periodo storico si afferma anche l’uso della gorgiera che Sandro Varagnolo pone come abbellimento in un suo autoritratto che ha come titolo proprio Memento Mori, forse per sottolineare il collegamento artistico e culturale con quel periodo storico. Anche nel ritratto del figlio Filippo compaiono sia la gorgiera che il teschio, la prima a ricordare la bellezza ed i piaceri ad essa associati mentre il secondo riporta brutalmente alla brevità dell’esistenza, specie in contrapposizione alla giovinezza del soggetto.

Il monito evangelico ricorda ai credenti che per meritarsi la salvezza eterna non si devono accumulare beni materiali e non bisogna cedere ai piaceri mondani e della carne, ma si deve vivere secondo i principi della morale cristiana. Il tutto viene raffigurato con l’utilizzo di oggetti simbolici che alludono al tempo che fugge (orologi, clessidre) alla fugacità del piacere (fiori freschi, strumenti musicali, monete) alla brevità dell’esistenza (una candela che si consuma, una farfalle in volo) all’ineluttabilità della morte (il teschio).

La maggior parte delle opere di Sandro Varagnolo presenti in questo catalogo sono appunto un richiamo alla Vanitas, alla fugacità della vita e della bellezza.

Certo Varagnolo è legato a un tipo di cultura artistica che il Veneto ha sempre sentito e coltivato, una cultura di matrice figurativa, attenta ad un realismo diretto, ma ogni volta tesa a superarlo in chiave metaforica, sempre cosciente del rapporto diretto tra natura e storia

Osserviamo che Varagnolo possiede una padronanza di tecniche e tematiche, elaborando un sottile mestiere maturato nel tempo con attenzione sapiente: basterà considerare i suoi forti e penetranti disegni raccolti nei taccuini da viaggio del 1600 e 1700 da lui amorevolmente cercati nei mercatini e nelle polverose soffitte, dove le immagini appaiono puntualmente descrittive e tuttavia liricamente trasfigurate. In questi quaderni nascono tutte le sue opere, tracciate come abbozzi, forme in gestazione in attesa di venire alla luce.

Dai quaderni poi le opere prendono forma e sostanza trasformandosi, come le farfalle dal bruco, nelle opere finali.

Le opere di Sandro Varagnolo sono godibili in più fasi: la prima è senz’altro quella della meraviglia che lascia stupefatti dinanzi alla resa estremamente realistica dei soggetti siano essi i fiori o i teschi, la seconda è della curiosità che induce a frugare con gli occhi la tela per scorgere qualche elemento sfuggito alla prima considerazione (e se ne trovano), la terza infine è di un interesse da studioso, in quanto ogni opera contiene metafore e simboli che fanno dire “questi quadri racchiudono meravigliosi rebus” anche grazie ai loro riferimenti storici e bibliografici che certo l’artista padroneggia.

La luce è uno degli elementi fondanti di questa serie di dipinti; una luce chiara, nitida, radente, che anima con esiti di grande effetto queste splendide composizioni floreali. I fiori o sono contenuti in vasi quasi totalmente nascosti dalla variopinta esuberanza dei fiori di varie specie, o spuntano da teschi che hanno subito anche le ingiurie del tempo. A volte le composizioni sono completate dalla presenza di inserti di natura viva, mosche e farfalle, di cui ci occuperemo più avanti per il loro contenuto simbolico.

VanitasIl teschio è alla base di tutto il mondo della Vanitas, non solo perché prova della fine della vita terrena, ma direi soprattutto perché è il cervello la parte più importante dell’essere umano, ed il cervello è protetto nel teschio. Senza il suo contenuto il teschio si trasforma semplicemente in un contenitore qualsiasi, e in queste opere di Sandro Varagnolo prende appunto il posto dei vasi per i fiori. Sono teschi che oltretutto hanno anche subito altri guasti dovuti al tempo che passa: senza denti, a volte fratturati con le piante che escono non dal foro occipitale ma dall’osso parietale sfondato, forse dalla pianta stessa ma forse per mano di un altro essere umano.

La cura con la quale sono dipinti i fiori richiama l’opera “La natura come simbolo della Vanitas” di Abraham Mignon (1665-1679.)

La scelta dei fiori raffigurati non è certo casuale, che ogni fiore ha un suo linguaggio, un suo significato allegorico.

Così per esempio la rosa è sempre stata simbolo della caducità della bellezza. Fiore dal significato ambivalente, la rosa rappresenta la rinascita, èsimbolo dello sbocciare di nuove forze (vedi Il germoglio della vita) ma anche memento dell’ineluttabilità della morte.

Unione dell’Amor Sacro e dell’Amor Profano, dalla rosa mistica si passa alla rosa profana: il fiore accompagna il ritratto di dame, simbolo della vanità e della bellezza, richiama Venere e Amore.

In pittura la rosa viene associata alla passione suscitando visioni oniriche animate di enigmi e mistero, un simbolismo estetizzante che si avvale di elementi decorativi naturalistici.

Altra citazione floreale èlaconitum: pianta altamente velenosa, e conosciuta per questa sua elevata tossicità fin dai tempi dell’antichità omerica. Inoltre l’aconitum veniva anche usata come simbolo negativo (maleficio o vendetta) nella mitologia dei popoli mediterranei.

Interessante anche l’uso della mandragola, che costituì uno degli ingredienti principali per la maggior parte delle pozioni mitologiche e leggendarie; le venivano inoltre accreditate virtù afrodisiache; era utilizzata anche per curare la sterilità, quindi origine di vita. Considerata una creatura a metà fra il regno vegetale e animale, come l’agnello vegetale di Tartaria, è considerata una pianta magica anche dalla Wicca moderna (religione della natura), in particolare nei giorni di plenilunio.

Attorno ai fiori, ed attorno alla morte quindi attorno alla Vanitas, esiste tutto un mondo vivente anch’esso con molti e diversi significati simbolici attribuiti, ma soprattutto dotato di una vita ancora più labile e breve di quella umana, come è il caso dell’Effimera presente nel Memento Mori già ricordato: una volta diventata adulta, l’Effimera vive per poche ore, giusto il tempo della riproduzione; dopo il corteggiamento, che avviene con danze aeree, subito dopo il volo nuziale, la femmina ha il tempo di deporre le uova, che lascia cadere sul pelo dell’acqua prima di morire. Tutto questo è talmente breve che gli esemplari adulti di Effimera non necessitano nemmeno di mangiare.

MorphoQuindi attorno ai fiori le farfalle, con l’importante compito dell’impollinazione; il tema del rinnovamento della vita.

La raffigurazione attorno alla bocca di un teschio di due esemplari di Morfo blu , farfalla dotata di ali di un blu metallico iridescente, diventa per l’artista un momento di bravura tecnica nell’uso dei colori, senza allontanarsi dal tema principale della Vanitas.

Per gli Aztechi la farfalla è la rappresentazione della dea Itzpapalot, lo spirito notturno delle stelle splendenti: la metamorfosi della farfalla è fondamentale per comprenderne il simbolismo, è sostanzialmente un segno di trasformazione e di rinascita, al pari della Fenice. Rappresenta l’anima che, uscita dal corpo, raggiunge un grado superiore di perfezione.

Se la farfalla, con la sua bellezza angelica, è il simbolo dell’anima che trascende il corpo con la morte, la mosca richiama la nostra decomposizione: “Morendo, udivo ronzare una mosca “ scrive in una poesia Emily Dickinson (poesia numero 465 del 1896, nella traduzione di Margherita Guidacci)

Anche le mosche sono presenti in natura, con una loro indubbia utilità in natura. Simbolicamente richiamano la terra nei suoi aspetti più crudi come la malattia, la morte, la putrefazione, la spazzatura, la diffusione delle malattie spostandosi come fanno dalle feci al cibo trasportando organismi infettivi.

Nelle opere della Vanitas, ed in queste di Sandro Varagnolo, la mosca contrapposta alla farfalla farebbe pensare all’eterna lotta fra il bene e il male, cui si accompagna l’allusione alla brevità della vita. Sempre per restare fedeli al tema della Vanitas nel suo capolavoro “Il signore delle mosche” (titolo originale Lord of the Flies, 1952) il Premio Nobel per la letteratura 1983 William Golding riassume in questa frase la sua filosofia: “L’uomo produce il male come le api producono il miele”.

Non solo Vanitas, altri sono i percorsi che Sandro Varagnolo persegue sia nei suoi quaderni di appunti che nelle opere complete, certo è che al momento la sua è una passione storica sia nella scelta dei soggetti, che a volte dei supporti utilizzando spesso vecchi legni, come ad esempio la porta antica di un tabernacolo in castagno che si trasforma nella base per una Venere in trasformazione da statua a donna viva, con la carne che già sta assumendo un colore rosato, in contrapposizione con la testa dove gli occhi sono ancora da statua; la stessa posa non è statuaria ma serve per mettere in evidenza la bellezza del seno usato come richiamo sessuale. La trasformazione, e forse ancora un monito di Vanitas, è richiamata anche dalle farfalle che svolazzano intorno, anche loro trasformatesi dalla pupa nella bellezza finale che possiamo ammirare. Il quadro è però completato dalla presenza di una Mantide Religiosa poggiata sulla mano sinistra della Venere: è noto che la Mantide attira a se il maschio, e lo divora durante l’accoppiamento.

Giuditta e Oloferne, ritratto di famigliaAltro richiamo storico nell’opera Giuditta e Oloferne (a fianco), in realtà un ritratto della moglie nelle vesti di Giuditta con autoritratto nella testa di Oloferne, che si allontana dalla iconografia classica del soggetto, per riprendere invece in pieno il Davide con la testa di Golia di Michelangelo Merisi da Caravaggio. Non è certo un caso che il dipinto sia stato realizzato su una tavola del 1500, praticamente coeva del Davide.

Notevoli gli sguardi dei due partecipanti: mentre Giuditta ha un’espressione intensa e ferma, con lo sguardo fisso in avanti, Oloferne ha (giustamente) un’espressione attonita e la bocca aperta per lo stupore.

Per finire un omaggio alla sua città, Chioggia. La leggenda sulle origini di Chioggia si collega a quella di Enea, mitico eroe troiano fuggito alla distruzione di Troia che navigò per il Mediterraneo per poi stanziarsi nel Lazio. Con Enea partirono anche Antenore, Aquilio e Clodio che, a metà del viaggio, si separarono dal loro concittadino per dirigersi verso la laguna veneta fondando rispettivamente Padova, Aquileia e Clodia.

Clodio viene quindi raffigurato, quasi come nudo d’Accademia, appoggiato allo scudo con il suo stemma, il leone rosso rampante su sfondo argento, divenuto poi anche lo stemma della città. Ai piedi di Clodio si distende un tappeto di teschi, ancora il simbolo della Vanitas forse collegato alla caduta della sua città, da cui era fuggito

Quali sono i limiti della pittura di Sandro Varagnolo? Il piacere dell’invenzione, la ricerca di un corretto rapporto fra forma e colore; problemi di linguaggio che nonostante le citazione storiche o di fantasia deve essere leggibile da chi guarda, e soprattutto deve essere in grado di dire qualche cosa di vero, di positivo: l’onestà è un elemento fondamentale di questa pittura, che non può nascondersi dietro trucchi del mestiere o della moda del momento.

Varagnolo affronta la pittura con animo di sognatore, all’assalto di città da espugnare come dimostra la distesa di crani ai piedi del suo Eroe: ogni opera è una conquista, un modo di penetrare visioni altrimenti sconosciute, far rivivere epoche scomparse eppure tutt’ora vive in noi. Pittura in parte nordica (il senso della fiaba, dell’allegoria, della metafisica) ed in parte mediterranea (i suoi forti accenti cromatici, certe sensualità).

La sua è una pittura fantastica: l’uomo, anche in mezzo ai suoi dubbi e problemi, non può rinunciare ad un innato piacere di sognare. Si tratta di una pittura moderna, simbolica ed allusiva, che esprime apprensioni ed inquietudini del nostro tempo.

È una pittura realistica che si ammanta di molta fantasia che insegue una realtà sfuggente, a volte drammatica e spietata: così è la natura, fatta di lacrime e sangue.