Dovrebbe esserci una scrittura del non scritto.

Un giorno ci sarà.
Una scrittura breve, senza grammatica, una scrittura soltanto di parole,
parole senza il sostegno della grammatica.
Smarrite. Scritte e subito lasciate.
(Marguerite Duras)

La Fotografia è un atto di osservazione. Il fotografo vive gli attimi della sua vita come un modello esemplare da ripetere con le lenti della macchina fotografica.
Il fotografo naturalista rafforza l’incontro di un momento decisivo nel quale tutti gli elementi accidentalmente s’incontreranno, dando vita e forma reale ad un’immagine perfettamente bilanciata nel soggetto e nella forma; il fotografo naturalista pensa e vive come un viaggiatore catturando la sua realtà in un pezzo di pellicola o di algoritmo informatico.
all04Una vista dell'allestimento mostraDi più, il fotografo naturalista trasforma la realtà dell’osservazione in un’altra realtà, quella dell’invisibile, dell’immaginazione, dei sogni e di tutte quelle inconsce emozioni delle quali s’impossessa nelle sue magiche formulazioni.
La macchina fotografica diviene strumento che permette al fotografo di immobilizzare ciò che la sua mente e il suo sguardo percepiscono e di isolarlo al centro di una nuova cornice, una ricreazione della semplice realtà, il tentativo di evocare la dimensione del bello.
Un percorso che permette d’immaginare prima cosa succederà poi, quale sarà il risultato del gioco creativo delle ombre, delle luci, di colori, sfumature e particolari.
Questa visuale, questa sorta di estraniamento, questa capacità di osservare la realtà senza farsi totalmente coinvolgere dal punto emotivo, non è soltanto l’esito di un dato tecnico che fa da intercapedine tra l’uomo e la natura ma anche il frutto di un modo di vivere, di interpretare e di leggere quanto sta di fronte.
Osservare la bellezza di un luogo, le sfumature di un colore, la forma di un particolare, divengono stili di vita ai quali fare riferimento.
Le immagini di Paolucci riassumono questo e vanno oltre: la pazienza, il silenzio, la cura con cui sono cercate e catturate le immagini, svelano un invisibile che può solo essere inventato, la sorgente d’ispirazione accomuna occhi e mente in una perfetta sinfonia di equilibri.
Fiori, steli e texture sono solo un pretesto, come ogni viaggio fotografico immerso nella natura è un pretesto per vedere nuove relazioni tra le cose, diverse costruzioni della realtà.
Il vero viaggio di Paolucci è immaginario, vale a dire fatto di immagini, e ogni luogo e soggetto sono tali solo se trasfigurati da un linguaggio visivo che li sa trasformare in forma.
Lo stile fotografico di Paolucci è il “luogo naturale” che si legge nelle sue opere e non il campo, il bosco, la radura, il semplice soggetto.
Il fotografo ci accompagna e ci stimola a leggere i suoi scatti con attenzione linguistica svelando una poetica non scritta ma fatta di sfocature, dettagli, relazioni spaziali, tagli inaspettati, colori sublimati in slavature cromatiche o esaltati al limite della diffrazione luminosa.

Queste immagini non hanno grammatica, non dicono e non rappresentano, evocano.