Natura e artificio, polimaterico con materiali naturali e industriali riciclati 38x38x236Una particolare attenzione nell’utilizzo dei materiali, per esplicita ammissione dello stesso Piero Racchi si tratta di “tutti quadri polimaterici, e per farli uso materiali naturali e industriali (riciclati)” con inserimenti decorativi che richiamano per lo più la Natura, una capacità di invenzione di macchine celibi che richiamano alla mente Marcel Duchamp, di aiuole semimeccaniche dove si instaura un equilibrio dinamico nella lotta fra la natura e il manufatto industriale, in una atmosfera tra il metafisico ed il surreale (antica passione mai sopita questa di Racchi), affermano una volontà di posizionamento dell’opera di Piero Racchi fuori dal tempo, in una zona dedicata alla meditazione sull’essere e il divenire, di meditazione, di pensiero. Una attenzione dell’artista allo sviluppo delle proprie sensibilità, che sono multi laterali e multi culturali, utilizzando tempi e ritmi secondo natura.
In questo si situa la sua originalità di artista ed il valore intrinseco delle sue opere, frutto di una ricerca personalissima, rigorosa nel metodo e meticolosa nelle tecniche utilizzate dove la sensibilità tattile si accompagna a quella visiva, e verrebbe da pensare, allacciandosi alle sue abilità musicali, anche a sensazioni sonore, musicali appunto.
Si ha l’impressione che queste opere nascano selvagge, tra sassi metallici e strutture biologiche polimorfe, una volta scomparso lo stato d’innocenza dell’artista, che però cerca faticosamente attraverso ricordi forse d’infanzia di rianimare sottigliezze sonore, odori di erbe tagliate e di salso marino, di giardini innaffiati e di sciabordio di onde
Opere completate da un accompagnamento, prezioso, arguto ed ironico, gioiosamente ludico che richiama alla mente quanto scritto in  Homo Ludens  da Johan Huizinga (1939), in cui si esamina il gioco come fondamento di ogni cultura dell’organizzazione sociale.
L’aspetto indubbiamente ludico presente in molte, se non tutte, le opere proprio a partire dalla ricerca dei materiali per finire nella scelta dei colori, sempre molto accesi, utilizzati; il gioco è andato via via raffinandosi per giungere ad essere coscienza operativa e professionale, poetica, una attenta indagine dove la molteplice e multiforme personalità dell’autore, il suo desiderio di espressione,  di testimonianza e di denuncia, l’invenzione di tematiche e lo stile peculiare, lo rendono un unicum, un caso a parte nel panorama dell’arte italiana contemporanea. L’artista si salva da uno stato di ansia, presente nelle sue opere che pure nella loro politezza parlano di inquinamenti e di mutazioni genetiche, attraverso il ripensamento ludico, gioioso e ironico, in cui convergono la sua curiosità e fantasia costruttiva, che lo pongono però anche vicino al mondo reale dell’uomo, quello della produzione industriale che crea non solo il nostro benessere  ma anche, in qualità di scari appunto, i materiali di base che egli utilizza nei suoi lavori, e come corollario l’inquinamento che qui, non dichiaratamente, viene evocato.
Piero Racchi rappresenta uno degli artisti, rari ed anomali, che fanno del proprio lavoro un momento di ricerca compositiva di un mondo in via di estinzione, dove la natura naturata, la natura naturans, rischia di essere, e spesso lo è, sopraffatta dal dilagare della natura artificiale (basti pensare alla possibilità di sciare tutto l’anno a Dubai, dentro una bolla di vetro a -4 °C mentre fuori non sono mai meno di 28°C).
Natura e artificio, polimaterico con materiali naturali e industriali riciclati 180X190La mia lettura dell’opera dell’artista vede  il suo tentativo come quello di chi cerca di comunicare una inquietudine di fondo sul futuro dell’umanità, facendo uso della sua indubbia manualità ed intelligenza.
Giostrando fra gioco e denuncia di disagio, tra manipolazioni genetiche che fanno vedere il lussureggiante mondo vegetale presente nelle opere come se le piante fossero degli organismi cibernetici, forse dei cyborg naturali, utilizzando tecniche da découpage e di assemblaggio molto raffinate, con una scelta originale dei materiali utilizzati e dei metodi di assemblaggio, Racchi appare sempre più artista di rilievo, sotto molti aspetti ardito innovatore e certo del tutto originale sulla scena dell’arte italiana, con una sua poetica specifica che risponde ad esigenze personalissime di strutturazioni e di modulazioni quasi ritmiche, musicali.
Esiste in Racchi una curiosità da archeologo del futuro con una propensione per le forme biologiche, con ricerche paleoneurologiche. Le sue opere richiamano alla mente “La terra desolata” di T. S. Eliot e le figure di Wifredo Lam.
Oggi memoria, capacità e velocità di elaborazione, varietà di risultati sono sempre più affidati a macchine, agli elaboratori elettronici che ormai portiamo in tasca, e che operano con una velocità tale da rendere sempre più deboli i ricordi della natura, e rafforzando per contro i segni dell’artificiale che può divenire, attraverso forme raffinate di rendering, più vero del vero trasformando il virtuale sempre più in reale, l’artificiale al naturale, rendendo il robot di Isaac Asimov più umano di quanto lui stesso avesse immaginato, rendendo tutto questo più accettabile, perché più riconoscibile e forse per questo ci appare anche più controllabile.
Piero Racchi si inserisce in questo spazio di sensibilità, ponendosi da un lato interrogativi sul destino dell’umanità (da dove veniamo? Dove andiamo?) e da un altro cercando un’armonia quotidiana, allarmante e preveggente oltre che smitizzante e liberatoria.
Artisticamente  Racchi, non per carattere, è autore tranquillamente isolato, appassionato cultore del proprio immaginario che ruota attorno ai prodotti dell’uomo, non dimenticando di viaggiare dentro all’uomo, quello nuovo, homus meccanicus, tecnologico e robotizzato rappresentato appunto attraverso gli scarti della produzione industriale. La reificazione è rappresentata da Racchi con ironia, con divertimento e con nostalgia, curando con particolare attenzione gli aspetti formali delle sue creazioni, perché di creazioni appunto si tratta, dalle scelte dei materiali ai colori, dai segni alle intersezioni, portando avanti un dialogo con la realtà, con l’attualità, in una denuncia sociale che è volontà liberatoria che integra la coscienza collettiva con la capacità creativa dell’artista.

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