Disegnare, dal latino signum con il prefisso de, significa fare con i segni, e disegno significa fatto con i segni.
Secondo Plinio il Vecchio (Naturalis Historia, XXXV, 15) il disegno nasce per segnare un contorno, permette di fissare la forma su un piano. In realtà il contorno è una linea immaginaria che apparentemente delimita l’oggetto o la figura ma in realtà serve a mettere in moto la nostra fantasia ed a farci trasformare il disegno in piano in una visione tridimensionale. In realtà il contorno non esiste, la sua lettura è un processo esclusivamente mentale, legato alla visione.
Vedere è una questione di ritmo perché vedere non vuol dire fermare lo sguardo, non è semplice contemplazione come se l’immagine stessa dovesse essere bloccata. Vedere vuol dire assimilare sulla base delle proprie conoscenze, sensibilità, capacità.
Vedere è una facoltà che si acquisisce e si evolve nel tempo, ed è in questo modo, attraverso la visione, vedendo, che nasce un disegno.
Il disegno nasce su una superficie normalmente di colore uniforme, di solito ma non sempre bianco, e chi disegna copre una parte di questo bianco con dei segni, delle ombre, per permettere la visione del soggetto rappresentato. Sono questi segni, ed in particolare le ombre, che permettono di identificare il soggetto, valutarne i volumi, visualizzare le forme.
Non a caso Paul Valéry (1871 - 1945) ha scritto: “Il disegno non è la forma, è il modo di vedere la forma”.
Disegnare non è facile, anzi al contrario è molo difficile. Per realizzare un disegno bisogna avere la padronanza del soggetto da disegnare, bisogna valutarne ingombri e limiti, in una parola bisogna saper vedere il soggetto da disegnare.
Il disegno permette di visualizzare schemi ed idee, realtà concrete come un aeroplano magari ancora da realizzare: un progetto.
Il disegno è alla base dell’Arte, a volte è fine a se stesso ed altre volte serve come preparazione, come bozzetto, per opere su tela o comunque più impegnative, ed ogni artista ha un suo peculiare modo di disegnare che permette di identificare la sua opera fra quelle di tutti gli altri, esattamente come capita per la scrittura. I disegnatori vengono anche definiti grafici, ed è interessante notare che il termine grafico deriva dal greco graphèin che vuol proprio dire scrivere, per cui il disegno è assimilato alla scrittura.
Le opere di Pier Luigi Berto presentate in questa rassegna sono in sintesi la dimostrazione di quanto scritto sopra, compresa l’abilità tecnica, aspetto assolutamente da non sottovalutare, dell’artista. L’uso sapiente di diverse tecniche di disegno, dalla matita alla penna biro, dal carboncino alla sanguigna alla punta d’argento su carta preparata ed altre ancora, sono il risultato di anni di continuo esercizio, dell’applicazione del motto nullo die sine linea.
Il disegno è visto da Berto prevalentemente come appunto, momento da fissare sulla carta in attesa di ulteriore elaborazione come dimostrato dalla maggior parte dei soggetti esposti: studi di volti, appunti che fissano istanti della vita d’Accademia o le pose delle modello per la scuola di nudo, o ricordi di momenti di vacanza. Ma non mancano studi di approfondimento come l’Omaggio a Ingres o la serie di fogli dedicati ai Musei Capitolini.
Non mancano i divertissement come Erotismo datato o Frammenti, ed i richiami “colti” come l’Après-midi d’un faune, e del Fauno esiste anche un ritratto, eseguito dal vero. Ovviamente.
Molti gli Autoritratti realizzati con le tecniche più diverse, come a voler sperimentare i relativi risultati: punta d’argento su carta preparata, sanguigna, anche con l’antica fusaggine che è forse il più antico, o fra i più antichi, strumenti di disegno essendo realizzata con rami carbonizzati di salice.
Alcuni fogli sono completamente  realizzati in se stessi, come nel caso di Interruzione di senso.
I lavori possono essere divisi in due categorie: i disegni a inchiostro ed a china dove il segno nitido e preciso delimita il contorno, ed il soggetto quasi si stacca dal supporto del foglio; seguono  i lavori più delicati prevalentemente a punta d’argento su carta preparata dove sono le ombre a delimitare i volumi, ed il risultato è un segno quasi evanescente, anche difficile da riprodurre a stampa in una pubblicazione, che lascia una sensazione di sogno.
I disegni di Pier Luigi Berto fanno scuola, non a caso insegna all’Accademia di Belle Arti, sia per la profonda conoscenza e padronanza delle molteplici tecniche impiegate che per l’utilizzo che degli stessi disegni viene fatto, non solo base progettuale ma soprattutto appunti di viaggio, veri diari di vita quando il disegno non sia addirittura, come per i grandi Maestri del passato,  fine a se stesso, trasposizione del pensiero tramite il gesto  in segno.