Caro Pier Luigi,


per motivi di spazio e di tempo, della tua vasta ed articolata produzione artistica intendo privilegiare i mostri che compongono il tuo “Bestiario”. Perché i mostri? Partiamo da lontano; partiamo dall’encefalogramma piatto della Pop Art. Encefalogramma che si estende poi a larghissimi settori delle Neoavanguardie; tu, al contrario, pretendi un encefalogramma vivo e vegeto, operante di creatività. Ciò significa affrontare, alla radice, il problema filosofico dell’arte; problema che è stato messo a fuoco assai bene da Arthur Danto. Il filosofo e critico americano, infatti, sostiene che bisogna spiegare oggi che cosa è un’opera d’arte; risponde che, dopo la pop, non esiste nessuna caratteristica specifica la quale fa sì che un’opera d’arte possiede un quid diverso da una scatola di “Brillo” o da una lattina di zuppa. Tutto questo, dici giustamente, è mostruoso, mostruoso nel segno del banale e dell’ ”esistenza inautentica”. A questo opporsi il Mostruoso il tuo mostruoso il quale, mentre si allontana vertiginosamente dal quotidiano ridotto a zero, colloca te stesso e il fruitore sul terreno sorprendente ed eretico dell’Alterità.
Che significa alterità per te? Significa, molto semplicemente che l’arte è la verità dell’eccesso e che l’eccesso è la via regia per superare le barriere di quella apparenza che si accontenta della propria cecità. Ancora il mostruoso intende scompaginare il già noto e vuole sollevare la polivalenza dei significati affinché ogni cosa venga immersa nella magnificenza enigmatica del segno. Il luogo magato dove tutto questo accade è il disegno. Perché il disegno? Perché il disegno che accoglie i mostri è scavato e preciso; se l’arte è menzogna, sostieni, è l’unica menzogna vera, deve quindi presentarsi con i frutti della certezza. Ora qualche fruitore attento potrebbe osservare che il Bestiario è però aggrovigliato, viscerale, intestinale. È vero; infatti indica gli abissi di quell’anima che giustamente il Dott. Freud ha definito un “nido di vipere”. Non basta ancora, però; la foresta labirintica che i mostri ostentano ha la funzione di esorcizzare, per l’ennesima volta, il niente tanto amato dalle Neoavanguardie. Ricorderai, infatti, tanto per fare un solo esempio, Kosuth e la sua vera sedia, una fotografia della sedia e la definizione della sedia tratta dal vocabolario. Il tutto risolto nel circuito asfittico di un oggetto e della sua definizione. Con il passare del tempo, l’azzeramento dell’arte è diventato accademia, cioè ortodossia stantia e mummificata a cui è necessario reagire. Al grado zero dunque continui ad opporre la complessità dell’opera, complessità che definisce bene l’uomo il quale, come è noto, è un ente naturale complesso e contraddittorio. Permettimi ora di concludere andando a sbirciare ( per un attimo) l’albero degli antenati che si staglia alle tue spalle dato che ritieni che l’arte nasca dall’arte e di arte si nutra per crescere e fruttificare. Possiamo partire tranquillamente da Goya e dai “pittori dell’immaginario”, cioè da Füssli e da Blake. Scendiamo più giù fino al Simbolismo, al Surrealismo e all’amato ( da me e da te) Alberto Savinio. Come è facile comprendere, ci troviamo dinanzi alla linea alternativa a quella che trionfa con il formalismo e l’intransitività. Detto questo, pur avendo scelto il Bestiario, rimane il fatto che sono affascinato dal tuo lavoro nel suo complesso; lavoro che non si blocca sul delirio dell’immaginario, ma tenta felicemente le strade del ritratto, dell’autoritratto, della notazione realistica e così via. Ciò accade perché poni fede nella potenza espressiva dell’arte, nella capacità che questa ha di suonare diversi strumenti che sono poi quelli della vita. Di quale vita però? Non certo dell’esistenza reietta nella quale siamo fin troppo immersi. L’esistenza di cui parli è quella appunto dell’arte intera come tradimento per definizione. Romanticismo? Senz’altro; vedo però che sia molto meglio procedere secondo le coordinate estetiche di questa grande stagione occidentale, piuttosto che ritenere l’arte coincidente con il mondo nel suo stato di palese abbandono.