La Pietra è!

ESaltazione della pietraPartendo da questo assioma nasce e si sviluppa l’opera di Argentino Boscolo Chio.
La Pietra è, e quindi bisogna liberare, alla maniera michelangiolesca, quello che la pietra nasconde.
I primi utensili e le prime armi erano fatti di pietra, spesso modellati in forme perfette.
Ma non sempre la pietra nasconde qualche cosa in se, può essere che la pietra stessa sia espressione artistica, come nel caso della pietra di Stenness (Scozia) che da oltre 4.000 anni si innalza verso il cielo, e come enunciato dalle due opere di Argentino Boscolo Chio denominate Esaltazione della pietra (2013) ma anche da Pietre (2012) e Cumulo di Pietre (2013), già in quest’ultima opera si fa avanti, sia pure in forma ancora grezza, l’interesse di Boscolo Chio per l’architettura, la storia e la preistoria, raffigurando un dolmen nel marmo di Carrara Omaggio alla Pietra del 2013 (che presenta una genesi simile a Arco aperto e arco chiuso (2014) ed a Passaggio (2010)): ecco che è dalla pietra che scaturisce una forma architettonica, un ordine geometrico da un informe ammasso primordiale.
Con queste opere, Boscolo Chio si mostra sensibile alle esigenze più attuali di una scultura non solo, figurativa senza retoriche esaltazioni, fatta a misura d’uomo comune, non quello delle sporadiche ed inimitabili imprese, il mito, bensì quello dell’amore Cumulo di pietrequotidiano per la vita ed il prossimo.
Argentino Boscolo Chio trova sempre più agevole esprimere il proprio mondo plastico in opere di respiro monumentale: anzi si può dire che un certo tipo di monumentalità sia costituzionale al suo modo di fare scultura, anche se materialmente espressa nella piccola dimensione: grandi, piccole opere.
È dato ormai diffusamente acquisito che la ‘monumentalità’ di un’opera non è collegata alle sue dimensioni, bensì a una serie complessa di rapporti interni ed esterni al fatto plastico, contenutistici e formali allo stesso tempo. Generalmente la scultura di piccole dimensioni restituisce atmosfere intimiste, contemplative, di meditazione introspettiva, in una dimensione spazio-temporale tutta interiorizzata: non reale, dunque, ma di memoria o di aspirazione segreta.
Nella produzione recente di Boscolo Chio gli esempi di questa ‘monumentalità’ sono numerosi, perché l’artista ha chiarito nel suo fare una sostanziale scelta di impegno civile, di racconto di vita che riscopre le più profonde e vere emozioni dell’arte.
Ciò non significa che non ci sia più spazio per il monumentale vero, ma che il valore di monumentalità si è accordato alle nuove esigenze culturali e sociali. Argentino Boscolo Chio ha avvertito questa transizione e ha trovato nella sua eccezionale vena di esecutore lo stimolo a realizzare delle opere monumentali capaci di evadere dalla retorica dei valori assoluti e di collocarsi in una situazione di autentico dialogo. La ‘misura’ torna a essere umana, classica, destituita di prerogative straordinarie e, invece, investita del compito di stabilire un’atmosfera di confronto colloquiale, di partecipazione.
Il tempo, il luogo, lo spazio diventano quelli reali, quelli quotidiani dell’agire, ed è proprio l’elemento plastico che in qualche modo ‘provoca’ la consapevolezza della possibilità dell’interazione.
Emerge anche da questa predilezione formale la scelta di Boscolo Chio di misurarsi più con gli uomini e la vita quotidiana che con le idee o la memoria.
San Piereto a ChioggiaPerché Boscolo Chio si distingue anche, e soprattutto, per la sua forza espressiva fatta di candore emotivo e di immediati impulsi all’estroversione incontrollata, al colloquio esaustivo. È il suo stile, il suo modo di fare scultura trascurando l’accademismo formale e cercando sempre la più esatta e aderente traduzione del dettato emotivo.
Oggi, più che mai, l’attività dello scultore non può sottrarsi al confronto con la città, cioè con la dimensione dello spazio urbano e della sua realtà sociale. La ricerca più tipica dello scultore ha infatti per misura soprattutto una spazialità del tutto ideale, anche se il suo operare si definisce compitamente entro le mura dello studio, prescindendo da un riferimento alla scala urbana.
Una particolare attenzione, quindi, Boscolo Chio dedica all’architettura, sia con la riproduzione in sedicesimo di portali a lui cari, come San Piereto a Chioggia (2012) o San Francesco a Ravenna (2011) o ancora il Capitello dei Berti a Sottomarina (2011), ma anche attraverso un semplice Capitello (2011) in Capitellomarmo rosa di Trani. Il citato interesse per l’architettura e la storia si esplicita principalmente attraverso la lunga serie degli ‘archi’, idealmente aperta dal citato Omaggio alla Pietra (2013), e via via sviluppato con Archi (2014), Arco e Parete (2012), Arco e semiarco (2011), Poesia (2010): in queste opere il gioco di pieno e vuoto conferisce leggerezza e slancio alla struttura, anche quando il “vuoto” è “pieno” come in Arco cieco bifrontale (2012), mentre con Arco aperto e arco chiuso (2014) continua il gioco del segreto michelangiolesco della pietra, che abbiamo iniziato con Omaggio alla Pietra (2013) e terminerà più avanti con Il Passaggio (2010).
La famigliaAnche gli affetti famigliari sono geometricamente trasfigurati in visioni di archi, aperti ed interrotti, di varie dimensioni: ed ecco padre, madre e figlio/a nel marmo di Carrara La famiglia (2015)
Il dinamismo spaziale acquisisce una dimensione di interna dialettica nel rapporto fra materia e gesto strutturante, che risultano a volte esplicitamente identificati nel netto contrasto fra un’esuberanza materica, informe, primaria, e gli incavi che la incidono.
Interessante e curiosa la digressione che Boscolo Chio fa sulla figura femminile, dove partendo da una rivisitazione di quella che potrebbe essere una Venere Paleolitica, raffigurazione certo della prima e sicura divinità che è la Madre Terra rappresentante della natura in tutti i suoi aspetti, prosegue come in un percorso storicizzato proponendo una figura etruscheggiante in trachite alla Marino Marini, quindi un Venereopulente nero marquina di stile ottocentesco, per finire con una moderna terracotta.
Il percorso di Argentino Boscolo Chio non è lineare, lo si vede osservando la cronologia delle sue opere in questa pubblicazione, dove sono organizzate seguendo il progredire di questo testo, cioè raggruppandole per Il passaggiotipologia. L’ultima citata, il nudo in terracotta è del 2008, e precede l’Esaltazione della Pietra (2013). Fra questi due estremi si pone l’opera Il Passaggio (2010) che richiama sia quanto presente nella Bibbia (Genesi 3,19: cenere sei cenere ritornerai), sia I Prigioni di Michelangelo Buonarroti: però nell’opera di Boscolo Chio si parte dal duro marmo per tornare dura pietra, e la figura centrale non è più parzialmente imprigionata, ma si staglia a tutto tondo, come se potesse essere libera.
Ma come l’uomo libera non potrà mai essere.
Infine una breve considerazione sul Rinoceronte (2009), animale calmo e riflessivo, sulla via dell’estinzione a causa dell’umana stupidità che di un animale del peso fra i 1.400 e 2.300 Kg cerca solo un paio di chilogrammi del corno da vendere a caro prezzo a vecchi uomini vagheggianti impossibili performance sessuali. Sconosciuto in Europa fino al 1515, allora immortalato da Albrect Dürer in una incisione, quindi ripreso nel 1751 da Pietro Longhi in un famoso olio durante un carnevale veneziano.
Al rinoceronte sono affidati i significati simbolici di saggezza, solitudine, pazienza e stabilità.
Sembra che queste, oltre alla capacità tecnica ed alla sensibilità artistica, siano anche le caratteristiche di Argentino Boscolo Chio.

Il rinoceronte