L’interesse di Cynthia Verri per l’arte in generale, e la pittura in particolare, era scritto negli astri: infatti è nata ad Urbino da genitori americani entrambi artisti e davanti alla casa di Raffaello.
Come specificato nelle note biografiche, ha frequentato diverse scuole d’arte negli Stati Uniti ed in Italia, dove ha sposato un padovano. Cittadina del mondo, ha vissuto spostandosi fra Italia, Stati Uniti, nord Africa, Medio Oriente, senza trovare una collocazione definitiva. Attualmente vive fra la casa sulle colline di Pescara, un trullo in Puglia ed un appartamento nel sud del Portogallo.
L’interesse per l’Arte in tutte le sue forme, come suggerito dai natali, è stata una costante per tutta la sua vita, e l’ha portata via via ad interessarsi dei più svariati aspetti, compresa la moda per la quale per qualche tempo ha anche aperto una boutique a Venezia.
Interesse costante per l‘arte dicevamo: pittura, ceramica, restauro mobili, moda e design di cui sono rimaste tracce nella casa di Pescara, assieme a resti di collezioni, anche importanti, raccolte nei lunghi peregrinari, ma le cui testimonianze per lo più sono andate disperse, e soprattutto è mancata la possibilità di regolarità di esecuzione, di una continuazione di raccolta e documentazione.
La scoperta dell’Algarve come rifugio invernale, quindi una continuità e regolarità di frequentazione, ha permesso a Cynthia Verri di far riemergere prepotentemente l’interesse per la pittura, anche grazie alla frequentazione dell’atelier di Rosa Pereira.

Vedere Padova

La SpecolaL’interessa di Cynthia Verri per Padova, luogo natale del marito Bruno, è dovuta alla lunga permanenza in questa città, dove ha abitato principalmente in via Santa Sofia, a pochi passi dalla storica osteria di Nane della Giulia, una delle più vecchie della città, se non attualmente la più antica con ancora in uso tavoli risalenti all’Ottocento. E a Padova ha sempre tenuto un riferimento, come un punto di appoggio nel suo peregrinare.
Le sue vedute sono classiche, dalle piazze delle Erbe e della Frutta, al Salone della Ragione con il cosiddetto Cavallo di Donatello conservato al suo interno, in realtà il Cavallo di Legno fu costruito, per commissione di Annibale Capodilista in occasione della giostra nel contesto della sfilata carnevalesca dell’anno 1466, sala sospesa questa più grande d’Europa contenuta dentro il Palazzo della Ragione, e sotto i suoi portici il Bar dei Osei o il banchetto dei folpi lessi: la Folperia. E poi il caffè Pedrocchi, il Municipio in Palazzo Moroni, la Specola piuttosto che il Selciato San Nicolò.
Sono tutte vedute trattate in maniera estremamente personale, con colori forti, a volte acidi, che non appartengono cromaticamente al tessuto urbanistico della città ma a come le vede l’artista. Colpisce in generale l’assenza della figura umana, presente in rare opere più come ectoplasmi che persone, come se la città fosse abitata da fantasmi.
Le vedute urbane di Cynthia Verri sembrano restituite dalle nebbie del tempo. Propongono immagini che paiono sortire dalle pagine ingiallite di un ebdomadario, e nelle quali invece vagando per Padova è possibile imbattersi. Accenna a paesaggi urbani simili ad antiche stampe, trasmigrando nella sfera della favola o dell’apologo.
Come già detto il tratto distintivo che le accomuna è l’atmosfera in cui sono insediate.
In queste vedute urbane Cynthia Verri si distingue per una liricità evanescente, quasi segnale di fitti e intricati reticoli di viabilità urbana, forse perfino metafora degli intrecci della vita. Le sue opere contengono ricordi che si intuiscono lontani, forse rimembranze del citato periodo in cui abitava in via Santa Sofia.
Il percorso di Cynthia Verri è lineare, nell’ordine di un medesimo pensiero secondo i differenti metodi di comunicazione ma intimamente coerente. La sua immaginazione, sempre legata a un’oscura ma evidentemente naturale necessità di epifanie mobili, per quanto tradotta in forme o formule diverse ha continuato a muoversi attorno a un punto, al quale non deve essere estranea né una sorta di sollecitazione letteraria né, soprattutto, una certa qualità teatrale: la possibilità di un racconto analogico attuato per scompiglio e riorganizzazione. Ne deriva pertanto una formazione di immagini contraddistinta da una combinatoria di forme semplici, strutturantesi per eterodossia di varianti suggerite dall’impiego dei vari colori, fino a costruire quell’armonico rapporto di segni che viene organizzandosi al momento della messa in opera. In altri termini Verri concepisce la formazione di immagini come un’articolazione di elementi componibili, così come nascono le città nel tempo.
Esiste, quindi, nell’opera di Cynthia Verri una continuità interna, una linea che passa (magari a corrente alternata) anche attraverso le varianti più vistose e apparentemente discordanti per giungere alle risoluzioni ultime con la stessa carica di invenzione e di personalità che si riconosceva all’artista fin dalle prime prove di tanti anni fa.

Conclusioni

La vicenda artistica di Cynthia Verri è stata un costante processi di decantazione e di raffinamento, non solo riguardanti la pittura, a cui l’artista ha ricondotto la propria esperienza di vita, il suo sentimento esistenziale, la trasfigurazione poetica della memoria e del desiderio di futuro, la nostalgia dell’infanzia, l’emozione per un nuovo mondo, il voler essere sempre in un posto nuovo dove comunque poi non si troverà a suo agio.
A lei ben si adatta la poesia di Giorgio Caproni intitolata “Biglietto lasciato prima di non andar via”

Se non dovessi tornare,
sappiate che non sono mai
partita.
Il mio viaggiare
è stato tutto un restare qua,
dove non fui mai.

Cynthia Verri affronta la pittura con animo di sognatrice: per quanto velocemente risolta ogni opera è una conquista, un modo di penetrare visioni altrimenti sconosciute, far rivivere luoghi momenti o persone scomparse o lontane, eppure tutt’ora vive in noi.
Il piacere dell’invenzione, la ricerca di un corretto rapporto fra forma e colore, la necessità di dire qualcosa di vero, di positivo, l’onestà come elemento fondamentale di questa pittura, che non può nascondersi dietro trucchi del mestiere o della moda del momento.
La sua è in parte una pittura fantastica: l’uomo, anche in mezzo ai suoi dubbi e problemi, non può rinunciare ad un innato piacere di sognare.
Si tratta di una pittura moderna, che soprattutto nei paesaggi con l‘assenza delle persone esprime apprensioni ed inquietudini del nostro tempo.
È una pittura realistica che si ammanta di molta fantasia che insegue una realtà sfuggente, a volte drammatica e spietata.
Così è la natura, fatta di lagrime e sangue.